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IL DESIDERIO DEL COLIBRÌ
Libere riflessioni di Daniela Pavoletti
Per prima cosa direi che “Dum spiro spero” è un libro riuscito; l’autore si è prefissato come obiettivo quello di stimolare il pensiero e, personalmente, considero l’obiettivo raggiunto.
Negli ultimi anni, non una volta sola, mi sono chiesta quale fosse il mio compito in relazione soprattutto alla crisi ecologica; il primo passo è stato acquisire la consapevolezza che la crisi ecologica, con quella sociale, economica e politica è una realtà di fatto e non un’opinione. Questa consapevolezza però non ha esaurito la domanda ma semmai l’ha resa ancora più urgente, interrogandomi come genitore, come insegnante, come persona.
Il libro di Norbert Lantschner tiene insieme la lucida elencazione di dati scientifici e la narrazione della sua esperienza umana; dal dialogo continuo di queste due parti scaturisce la speranza, forza potente che apre al futuro.
La favola del colibrì, al centro del libro, porta un messaggio chiaro: ognuno di noi può fare la sua parte, ognuno può portare la sua goccia sull’incendio che divampa. E allora cosa serve per trasformare l’ IO POSSO in IO DEVO? Da dove può arrivare l’imperativo che ci dia la forza per agire e per dare inizio a qualcosa di nuovo?
“Mi si presentò un magico palcoscenico naturale, un paesaggio sotto l’incantesimo della nebbia e delle nuvole che cambiavano continuamente. E l’orchestra della pioggia. (…) Questa musica mi ha portato in un viaggio molto speciale. Mi ha liberato dal tempo e dal luogo.” L’autore racconta questo episodio personale per sottolineare la connessione profonda con tutti gli elementi della natura e l’indissolubile appartenenza ad una unità, io natura, e non ad una alterità, io e la natura.
Il suo racconto ha risvegliato in me la memoria di un bosco sul Monte Catria in cui mi sono ritrovata sola, durante un pomeriggio d’autunno; seduta su un tronco, in ascolto, tutti i sensi all’erta, ho sentito di appartenere al bosco e alla terra. Questo episodio è stata una sorta di soglia, i miei sensi hanno trasferito in me un’esperienza e da quel momento ho saputo che avrei potuto rivivere in altri luoghi e in altri modi questa esperienza di unità.
Da questa consapevolezza può nascere un desiderio.
La parola desiderio deriva dal latino desiderium, vocabolo composto dalla preposizione de, che indica provenienza, e dalla parola sidus, sideris ovvero stella.
Desiderare non è un’azione banale, sono le stelle a chiamarci, a muoverci; per guardare le stelle bisogna alzare la testa, portare lo sguardo in alto; per vedere le stelle bisogna attivare uno sguardo speciale, capace di superare i confini materiali delle cose, uno sguardo in grado di cogliere l’invisibile.
Le esperienze piene di senso, quelle che ci avvolgono di vita, sono la porta per imparare a desiderare.
“E’ più facile non pensarci troppo e fare quello che fa la stragrande maggioranza della nostra società: vivere per lavorare e usare il denaro guadagnato per soddisfare desideri che in realtà non si hanno”; queste sono alcune parole con le quali l’autore esprime il suo punto di vista sulle ragioni che spingono le persone a rimanere passive di fronte alle crisi del nostro tempo.
C’entrano i desideri che in realtà non abbiamo; ciò che desideriamo nel 90% dei casi è indotto dall’esterno, è fondamentalmente vuoto di vita e di senso, è un desiderio vuoto di speranza.
Questi desideri al massimo possono spingerci a guadagnare più soldi per poter comprare un bene o un servizio ma non sono sufficienti a muovere una forza desiderante e imperativa verso la vita, la bellezza, il bene.
Quindi come posso fare la mia parte?
Nutrire ogni giorno con esperienze di unità, anche nella fatica e nel limite, condividere le esperienze di bene, raccontare che la vita non è solo materia e che il senso del nostro esistere è più alto, più profondo, più luminoso di quanto il nostro mondo voglia farci credere.
Desiderare molto, e forte, desideri potenti che creano nuovi mondi che aprono all’altrove e alla speranza che è vivere. Il desiderio ci aiuterà a capire quale ruolo abbiamo da svolgere nel nostro quotidiano; ognuno di noi può portare la sua goccia, come il colibrì, ogni goccia sarà unica e irripetibile e per questo decisiva.
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