Chronos e Kairos

di Daniela

I Greci chiamavano il tempo con due parole diverse: CHRONOS è il tempo cronologico, quello che si misura, KAIROS è un tempo indeterminato nel quale accade qualcosa di molto significativo, un tempo non quantificabile, dotato di una natura permanente al cui interno c’è quello che si potrebbe definire un “momento supremo”. E’ il tempo in cui si presenta un’opportunità, un’apertura da attraversare con energia.

In queste settimane prevale nella mia esperienza kairos, una sorta di bolla temporale che sfuma i contorni dei giorni, costruisce un nuovo ritmo e dilata gli attimi; l’altra faccia di questo tempo è un nuovo spazio che si stringe in un orizzonte limitato. La mente, la potenza creatrice dell’immaginazione, potrebbe varcare il limite fisico e inneggiare alla libertà, cogliere l’occasione, lasciare spazio a pensieri e azioni finora mancate.

Sarebbe bello.

Ma quello che spinge ai confine della mia bolla e della mia casa è invece una grande angoscia, che vedo danzare in lontananza ma che a volte volteggia sopra la mia testa, la sento sfiorarmi nella mia ombra e ho paura.

L’unica salvezza che vedo nell’oggi è osservare i dettagli del quotidiano: la nuvola, l’orchidea, il volto e il corpo di chi amo; respirare, cerco l’aria come se da un momento all’altro dovesse mancarmi; il calore del sole che mi fa sentire amata.

C’è anche una salvezza che arriva dal passato, è tutta in un ricordo:
mia madre è seduta come sempre sullo sgabello in cucina, vicino alla finestra; mi inginocchio e appoggio la mia testa sulle sue gambe; la sua mano rugosa mi sfiora i capelli e il volto, più volte, con dolcezza. Sento ancora il suono della sua voce: “Andrà tutto bene”.

L’eco di queste parole rende il mio kairos un attimo eterno in cui la cura materna passa da mia madre a me, da me a mia figlia, da mia figlia alla creatura nuova che sarà.

Non so quando chronos riprenderà il suo posto, ma so che niente sarà come prima; l’umanità uscirà dal suo collo di bottiglia e io con lei; guarderemo i cocci, taglienti e luminosi, fisseremo gli occhi in altri occhi, ci faremo le domande di sempre.

Per ora non ho risposte se non l’eco della voce di mia madre.

Daniela

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