E’ così la vita

di Matthias Canapini

Arrivare ai confini del mondo per scoprire la bellezza sotto casa.

Incontrai Daw Moe Phout, ultima donna Padaung del villaggio di East Ka Phu (Birmania), nell’ottobre 2015. A novantatré anni, la trovai seduta in un angolo della capanna buia, coi piedi immersi nelle ceneri del bivacco, il collo cinto da ventidue anelli lucenti, manciate di riso nei pugni chiusi. Tutto attorno, pannocchie appese, vasi di terracotta, maialini selvatici.

Tra le ultime reliquie di un’antica tradizione, la donna-giraffa quel pomeriggio raccontò tante cose: l’invasione anglo-giapponese degli anni Venti, il legame ultraterreno con la morte, le giuste dosi per un perfetto whiskey rurale.

Nella continuazione del viaggio euroasiatico, pensai e ripensai a quell’incontro autentico, beffardo, quasi onirico. Frammenti di mondi antichi in procinto di scomparire. Compresi che cercando lontano, avevo denigrato le radici. Cercando lontano, avevo dimenticato l’eredità dei nostri nonni, fatta di proverbi, ricette, canti, ricordi della guerra, soprattutto. Ritornai a casa con la consapevolezza di voler guardare con occhi nuovi i luoghi in cui ero nato. Intrapresi una serie di viaggi lenti, a piedi o con mezzi pubblici, lungo l’appennino, le alpi, le colline davanti casa, per tentare umilmente di salvare memorie storiche, contadine, umane.

Viaggiando feci amicizia con Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern.

“È così la vita” è un primo timido tentativo di comprendere “I’Italia che fu” e condividerne la lentezza e i piccoli gesti. E un viaggio senza fine fatto di bevute, tramonti, appunti scritti, registrazioni, poesie, barzellette.

Non si dovrebbe mai avere fretta di fronte alla saggezza dei nonni.

(dalla prefazione dell’ultimo libro di Matthias Canapini “E’ così la vita”)

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