Echi del Festival della Relazione

di Mario Baldoni e Marina Mazzanti

Dopo la tre giorni del Festival estivo alla Casa dell’Ecologia Umana, desideriamo ringraziare tutti, anzi RingraziarCi Tutti.

Gli incontri collettivi, quando riescono, sono il frutto di un lavoro d’insieme, anzi Corale: dall’ideazione, la definizione con i relatori della cornice di senso comune, alla realizzazione esecutiva, ai collaboratori, al cibo, e l’organizzazione…

Ma conta soprattutto la partecipazione di Tutti al confronto LIBERO, alla possibilità di esprimere e condividere i propri pensieri e i propri vissuti in un clima di accettazione ed accoglienza condivisa!

E’ in questa combinazione che nel tessuto della Relazione si crea l’Ordito e prende forma l’Opera d’Arte in cui tutte le persone presenti sono Attori Protagonisti negli incontri, nelle psicoterapie di gruppo o negli eventi in genere.

L’arte genera Bellezza e la bellezza è data, riportando una citazione di Sara Lorenzini, dalla miriade di “granelli di sabbia”  –  uomini e donne – che nel dialogo e nella condivisione ci salvano e concorrono a Salvare il Mondo!

Siamo partiti venerdì pomeriggio dalla relazione primaria Madre-figli, con l’intervento del dott. C. Manfuso che ha guardato all’Antico della Tradizione, unendola però ai risultati ottenuti con l’Epigenetica, la PNEI e la Teoria Polivagale che stanno rivoluzionando l’approccio medico all’educazione e all’ambiente di sviluppo del bambino/a ragazzo/a.

Dal nostro punto di vista il dott. Manfuso, sulla base della sua più che quarantennale esperienza clinica come medico, è un novello Socrate fustigatore dei costumi, a diretto contatto con le persone e il loro ambiente di vita e attraverso le quali vede e declina la crisi esistente. In particolare ha approfondito come comunicazione e tecnologia digitale abbia fatto perdere il contatto con i parametri identitari della condizione umana: genere, adultità, maternità e paternità.  Ciò ha condotto la società “normale” nella “psicosi collettiva” in cui viviamo oggi, constatando che i rimedi, comportamentali più che omeopatici, sono scomodi da attuare e vanno “controcorrente”.

Il dialogo con il dott. Manfuso potrà essere ripreso nel corso sulla Auto –osservazione, o nel corso sul rilassamento preventivo (RMR), per approfondire i margini che ciascuno di noi ha e proiettarci positivamente in ogni momento che ci è dato vivere ed affrontare.

Il sabato è iniziato con l’intervista fatta a due giovani donne

Benedetta, laureata in Economia Ambientale che ha presentato la sua esperienza nel caso italiano della Valle del Sacco in Lazio: inquinata e abbandonata ad un intervento pubblico di bonifica che non arriva mai. E dove la lotta e l’impegno popolare per l’ambiente e per la salute degli abitanti sono segnati ormai da sfiducia e rassegnazione verso ogni iniziativa

e Sara che ha fatto una tesi sperimentale in Economia e Sviluppo Sostenibile su una zona della Foresta Amazzonica equadoregna, devastata e inquinata dall’estrazione petrolifera della Texaco, già abbandonata 27 anni fa. Sara ha riferito che in questa situazione estrema esiste comunque una solidità e solidarietà della comunità, che vede nell’ambiente una risorsa comunque da proteggere e mantenere per poterla trasmettere alle generazioni future. Questi sono i piccoli popoli indigeni che, come dice Papa Francesco, sono ormai le uniche realtà che difendono l’ambiente naturale perché di esso si sentono parte.

Il dibattito si è focalizzato sulla Relazione tra Territorio e Comunità quali temi portanti e di confronto per le due esperienze, entrambe all’interno di un sistema economico che continua a degradare irrimediabilmente l’ambiente forse proprio per questa dicotomia tipica della società industrializzata.

L’elemento a nostro avviso più interessante è stato vedere la determinazione e la forza di volontà di queste giovani (27 e 25 anni) neolaureate di fronte alla devastazione ambientale e umana nell’epoca in cui stiamo vivendo, definita dagli studiosi “Antropocene”.

Sara ha sostituito a questa la parola “Capitalocene”, usata dagli studiosi per definire lo sfruttamento senza limiti dell’Ecosistema al fine del profitto, mentre Benedetta ha sostenuto più volte il termine “Antropocentrismo” per definire un modo di vedere la realtà esterna, in qualunque disciplina, con distacco e solo in termini funzionali all’uomo stesso.

Il passaggio da questo dialogo all’incontro successivo è stato segnato dalla lettura di un bellissimo brano di H. Hesse su questi temi.

L’intervento della dott.ssa Lentini medico, appassionata di Natura che ha trovato nella Medicina Forestale la sua sintesi, è stato accompagnato dal canto di un ippocastano – melodia udibile tramite strumentazione elettronica – così che la voce dell’albero e quella di Anna si  sono armonizzate creando un’atmosfera di quiete e pace.

Medicina Forestale (come integrazione alla medicina tradizionale) basata su terapie di esperienze sensoriali nel bosco per un riequilibrio bio-psichico. Il “deficit di natura” è stato definito dalla dott.ssa Lentini un disturbo studiato da medici e ricercatori che coinvolge prevalentemente ma non unicamente i bambini, e in generale chi vive lontano dalle aree verdi e ha poco contatto con la natura. Tale disturbo può comportare una serie di conseguenze sulla salute della persona a tutti i livelli, rimediabili con “bagni di bosco”. Gli spazi verdi, Il bosco, gli alberi, sono dunque elementi di grande riequilibrio del nostro sistema neurovegetativo e immunitario di cui la comunità scientifica si sta interessando.

Domenica abbiamo avuto il piacere di conoscere Paolo Bartolini, presentatoci da Roberto Mancini che non ha potuto partecipare al Festival per motivi personali. Filosofo, analista biografico a orientamento filosofico, counselor, formatore e saggista ha dialogato con Mario Baldoni e con i presenti declinando con chiarezza e capacità di sintesi i termini presenti nella domanda “Possiamo liberarci da un sistema autodistruttivo?”, portando i partecipanti all’interno del proprio vissuto emotivo e riflessivo. Ci piace qui evidenziare, oltre alle sue competenze, capacità e chiarezza espositiva, la sua passione! In Paolo vibrava la passione in tutto ciò che diceva e soprattutto nella sua ricerca continua di un “collante” atto a saldare gli aspetti psicospirituali dell’umano con la giustizia sociale e climatica. Un grazie anche ai presenti che hanno potuto esternare le loro emozioni e i loro pensieri rispetto a temi così pregnanti e impegnativi.

Franca Mancinelli e Tamar Hayduke ci hanno portato venerdì sera, in una cornice semplice ma efficace, con la poesia e il canto, a tuffarci progressivamente nel nostro mondo interiore e nella vibrazione più profonda e ancestrale di ognuno di noi.
Le due artiste che hanno tessuto per noi uno spettacolo che raccoglieva simbolicamente questo profondo rapporto di relazione primaria, con la terra, la memoria, la gestazione, il partorire, la vita.

Sabato sera la dott.ssa Lentini, facendoci camminare a piedi nudi e sederci tra gli ulivi nella penombra, ci ha fatto vivere due brevi esperienze sensoriali tipiche del bagno nel bosco: una tattile e l’altra uditiva. Prima il camminare in silenzio lungo il sentiero della Casa e poi danzare con gioia con e per la Terra, ci ha riportato ad un contatto primario ed esclusivo con i nostri sensi, con il gesto che nella danza si fa armonico, con la voce e la vibrazione del suono.

Il M° Filippo Caramazza ha concluso il Festival domenica sera. Ci ha fatto sperimentare, attraverso esercizi di gruppo da lui condotti, quanto siamo bloccati nell’emettere un suono, come il canto, che sia libero.

Noi siamo vibrazione ed è questa che determina il nostro essere e non l’attenzione razionale alla prestazione e giudizio. Se non risuoniamo possiamo creare blocchi dentro e fuori di noi di natura energetica.

Permetteteci ancora una volta di ringraziarCi tutti ma in particolare: Daniela, Debora, Fausto, Gilberto, Leonardo, Monica, Patrizia, Serena, Simone  per il lavoro svolto per il Festival e per la condivisione del progetto della casa dell’Ecologia Umana, unitamente all’aiuto di Claudia, Chiara e Giorgia

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