Io, Hannah Arendt e il totalitarismo

di Pietro

Arriviamo alla Casa dell’Ecologia Umana sulle colline tra Fano e Pesaro  per ascoltare una conferenza  e per confrontarci su parti del testo di Hannah Arend  Vita Activa  pubblicato verso la fine degli anni 50 del secolo scorso.

Saliamo su per le colline.  Occorre conoscere la strada per arrivarci o più ancora, come nella vita, essersi di sicuro persi qualche volta.

Io ci arrivo per la prima volta: il verde della campagna a fare da vedetta al mare che giù si distende lungo la costa.

La misura con la quale accogliamo è la misura con la quale facciamo casa e facciamo trovare una casa agli altri, una pietra che diventa morbida con la nostra docilità dove poter appoggiare il capo.

Sta per iniziare l’incontro. Chi vuole può entrare scalzo.  Sentire il legno o il tessuto dei tappeti sotto la pianta dei piedi per me non è semplicemente un momento di comodità o di relax   senza la costrizione delle scarpe   ma, quando è possibile,  è una pratica spirituale di dolcezza, uno scambio di energia tra me e la terra .

E’ qui, in questo spazio dell’anima abitata dal corpo, che  Daniela  ci accompagna a conoscere  Hannah Arendt ed il suo Pensiero che si fa dimora.

Dove si colloca nella cultura politica e filosofica del Novecento la Arendt  ce lo tratteggia Mario  mentre Marina  ci spiega il perché di questa conferenza tracciando le fasi di studio emerse negli incontri che si sono svolti alla casa da agosto in poi; lo fa aprendo una finestra sul sentire attuale, un tempo, il nostro, in cui si avverte il predominio della tecnica, della burocrazia, della finanza, sulla politica e sul vivere.

Nel 2017 scrivevo: il modello che abbiamo dinanzi agli occhi ci condurrà alla supremazia delle macchine sull’uomo , della tecnologia sulla natura ed alla concentrazione delle ricchezze fisiche materiali e cognitive nelle mani di pochi. L’alternativa a questo declino è la società dell’amore, della dignità, della sobrietà . Se semineremo questo nel cuore dei nostri figli ci sarà sempre per loro un luogo dove sentirsi a casa e dove sentirsi ricchi ed il resto del mondo cambierà.

L’attuale rischio di totalitarismo non è legato ad una persona, ad un capo – che pure a mio modo di vedere non è scomparso – ma proprio alla supremazia del potere degli apparati economico-finanziari ed amministrativi, che si autoalimentano con una  finalità estranea all’umanesimo e che ha come obiettivo solo il sostegno ad un  modello confinato nell’autoriproduzione, senza un senso collettivo di evoluzione verso un bene comune.

Se nelle forme totalitaristiche del secolo scorso c’era un’idea identitaria e drammatica di razza, popolo, nazione, oggi dalla globalizzazione alla tecnocrazia ed alla supremazia dell’economia si rischia un totalitarismo bulimico in cui non è più in atto un genocidio ideologico attraverso i campi di sterminio ma la costruzione di campi di concentramenti ambulanti in cui si confinano nuove forme di povertà e di schiavitù al servizio di un mondo sempre più per pochi.

Se questo è lo scenario, la guerra in tutte le sue latitudini diventa il tentativo di affermare un nuovo ordine mondiale, diventa la sperimentazione di nuove supremazie e di nuove spartizioni globali dell’umanità su confini non geopolitici ma geoeconomici.

Dinanzi a questo scenario che io intravvedo, la nostra risposta, la nostra AZIONE diventa fondamentale, ci dicono la vita e l’opera di Hannah Arendt.

Qui evoco le suggestioni di un pomeriggio trascorso insieme ad un’altra ventina di persone che si sono volute nutrire di fiducia, di speranza, di verità, di creatività come un modo di stare al mondo, nuovo ed antico, personale e collettivo.

La mia vita, le mie scelte, il mio agire possono essere rivoluzionari , qui ed ora. Mi veniva in mente mentre ascoltavo Daniela di quello che ripete in continuazione l’economista Leonardo Becchetti “ si vota col portafoglio “, cioè il modo col quale facciamo la spesa è un atto politico per la costruzione di un modello economico inclusivo.

Hannah Arendt accende i fari sulle scelte che diventano atti politici valorizzando i fatti ed i comportamenti delle persone e delle loro comunità.

Abbiamo un potere enorme che è fatto dal nostro agire quotidiano, essere presente in questo tempo attraverso una vita attiva significa non sprecarlo ma farne un’opportunità, non sentirci inutili ma dare valore alle scelte, alle azioni ed ai comportamenti quotidiani.

L’opportunità è sentire , è pensare la relazione , in tutte le sue forme, in tutte le sue declinazioni ( umane, spirituali, biologiche etc) come l’atto creativo di nuovi mondi che il flusso della vita mette insieme, oltre le nostre singole possibilità, a dare forma ad un mondo nuovo.

Oltre la prospettiva consumistico-tecnologica, robotico-informatica e transumanista ci sono altre strade per il futuro dell’umanità? Questo tempo, con le sue contraddizioni, ci parla. E non possiamo permetterci di ignorare il messaggio. Occorre ripensare i modelli di civiltà: in campo sociale, ambientale, culturale, economico-finanziario e della salute. Occorre risvegliarsi dal torpore per immaginare un progetto che contempli, finalmente, la capacità di accontentarsi e di condividere, il silenzio e la bellezza, l’amore per la vita e l’accettazione della finitudine, gli imprescindibili diritti materiali e quelli spirituali. ( dalla presentazione di Questo tempo ci parla – La rivoluzione spirituale e il sogno di una nuova umanità di Guidalberto Bormolini )

Al centro della stanza un piatto di ceramica con dei bellissimi melograni, accanto un vaso di vetro con una candela; il silenzio e Mario ci hanno accompagnato nella meditazione finale aperta alla fiducia, alla speranza, alla verità, alla creatività della vita.


(Marc Chagall “ Abramo ed i tre Angeli”)

Da come appoggiamo lo sguardo sulle altre persone, la natura, il creato, gli alberi,
da come stringiamo le mani e abbracciamo,
da come il nome santo degli altri e di un albero stanno sulla nostra bocca,
da quello dipende la bellezza del vivere.

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