Guerra al verde

di Andrea Fazi

In questi giorni di guerra può sembrare fuori luogo parlare di uso del suolo.
Questa riflessione non ha alcuna influenza sugli accadimenti drammatici, non ha nemmeno il potere di distrarre, ugualmente è bene fermarci a riflettere anche su questo. Avevamo dichiarato un impegno politico per il “consumo zero” di territorio. …verifichiamo.

L’interquartieri ha sacrificato non solo terreno,  morto per sempre sotto l’asfalto, ma anche macchie, boschetti, alberi isolati….basta passare davanti al Tennis Club e ricordare cosa c’era prima della spianata. Dall’altra parte della strada c’erano altri alberi, da quella curva a quella successiva nei pressi del vivaio Miscanthus. Gli orti erano già stati scacciati.
È chiaro che non si fa una frittata senza rompere le uova. Certo questa strada è importante, forse non si poteva fare diversamente ma non è questo il punto. Non lo è per niente.
Il punto è che ogni cosa ci serva o crediamo ci serva ha un costo ambientale. Comporta la degradazione o la perdita di sistemi naturali. Sistemi che fanno da milioni di anni un lavoro essenziale alla vita.
La terra è il luogo dove crescono le piante e nella terra sana ci sono miliardi di organismi, ciascuno dei quali fa la sua parte di lavoro per la fertilità, per l’assorbimento di acqua, per l’immagazzinamento CO2. Quando la terra è coperta da cemento o asfalto, tutto ciò muore.

Sul pianeta però il terreno non aumenta come invece aumenta ogni anno l’appropriazione di suolo!  Noi umani aumentiamo continuamente, ed aumentano le nostre esigenze. Tutte a scapito della terra.

Sulla terra, sopra il terreno, crescono piante. Possono essere comprese ed apprezzate oppure no. Ma il loro lavoro lo fanno, lo facevano, in ogni caso. Al rovo importa poco che ci siano i suoi detrattori, lui esiste e fa fotosintesi, ferma il rumore e ferma parte dell’inquinamento. Noi amiamo le conifere, perché ci ricordano l’albero di Natale e fanno vacanze in Trentino, ma davanti ad una strada cedri, pini ed abeti devono cadere. Nessuno dice che le strade non siano essenziali. Diciamo invece che ogni volta che abbiamo bisogno di qualche nostra struttura, un pezzo di ambiente se ne va per sempre. Ogni volta la natura è sacrificabile.
È stata sacrificabile alla logica arida dell’ingegnere del Genio tutta la vegetazione del Genica, è stata sacrificabile quella del Foglia, è stata sacrificabile quella del Miralfiore….

Non siamo distruttivi solo in città, abbiamo sacrificato ettari di faggeta per fare piste da sci che lavoreranno si e no 10 giorni l’anno, per poi non lavorare più col proseguire del riscaldamento globale. Abbiamo sacrificato vegetazione per piste ciclabili, una vera beffa: il mezzo ecologico che ha sulla coscienza l’asfaltatura di km di argine, la scomparsa di vecchi e colossali pioppi.

Ogni volta che ci muoviamo dobbiamo portare via cicli ecologici e rendere sterile ogni cosa che tocchiamo.

Le case? Indispensabili. Le strade? Indispensabili. Le aree produttive industriali o artigianali? Indispensabili. Nuove case, nuove strade –un fiorire di interquartieri, di snodi, di passaggi, di bretelle, di arterie veloci – nuove esigenze….e l’ambiente sparisce…. (fine prima parte)

(vai alla 2^ parte dell’articolo)

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