Luce, sempre

di Francesca Bertoni

Non ci sono più
sono andata via
silenziosissima.
La mia vita
è spoglia di me.
E tutto brilla. 

Chandra Livia Candiani, da “Dov’è mondo”, “Fatti vivo”, Einaudi, 2017.

 

Sono partita da casa con un’imprecazione tra i denti. I volontari della Croce Rossa, guidando lungo l’autostrada parlottavano tra loro, mentre io nei sedili posteriori lottavo tra smarrimento e rabbia e stanchezza infinita.
Nella stanzetta delle infusioni in flebo eravamo in tre, un uomo una donna e io. Il signore ogni tanto parlava con orgoglio del suo essere un ciclista esperto con gli infermieri, la signora leggeva, io provavo a dormire.

Sei ore con l’ago in vena e un’alzataccia e zero colazione e uno stato d’animo che non so neanche io come descrivere.
Alla quinta ora mi sono destata dal torpore che avevo cercato per tutto il tempo per non sentire né pensare, e mi sono accorta che nella stanzetta eravamo rimaste solo io e la signora. Mi sono girata verso di lei, lei mi ha visto, mi ha sorriso. Ciao! – mi ha detto. Allora abbiamo iniziato a parlare.

Quella mattina, provenivo da tre giorni di seminario dal titolo “Fare pace con la morte”. Tante cose da elaborare, tante emozioni, stanchezze, bellezze, pensieri, sensazioni – più uno strano sentire a cui non sapevo (non so, forse, ancora) dare voce.
Negli occhi, la fiammella di una candela alla quale avevo parlato, chiesto perdono, ringraziato, salutato.

La signora mi racconta che viene da lontano, una volta al mese, da otto anni, per l’infusione del farmaco che finalmente le ha placato la malattia e l’ha fatta tornare a vivere senza dolore.
Il marito la accompagna nel viaggio, non entra in ospedale, la attende in macchina. Per sei ore. In macchina. Da otto anni.
Quanto amore – le dico. Lei sorride, fa una strana espressione come se non si aspettasse un commento del genere, ci pensa un attimo su… “è vero”, dice, e lo dice come se se ne accorgesse in quel momento.

Al seminario, s’è parlato di chi se ne va, di quando ce ne andremo noi, per tre giorni, s’è fatta una simbolica veglia per un caro trapassato, s’è parlato di paura, di ignoto, di accompagnamento, di dolore.

Però io
però a me
è rimasta

Luce
tanta, tantissima Luce,

un senso di Vita così piena così piena, desiderabile, amatissima,
fortissima, fortissima Vita.
In ogni cosa.

Lungo l’autostrada, ieri, c’era un’alba sul mare ancora sporco dei detriti fangosi dell’alluvione di pochi giorni prima.
Quel marrone portava dolore, dispersi, morti, case che non ci sono più, rovine.

L’alba era rosa e viola e arancione e azzurra e gialla e poi ancora azzurra e rosa e viola e gialla e arancione e …

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